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Il blog è uno strumento che permette ai lettori di scrivere commenti esprimendo collettivamente libere opinioni esponendo così i problemi e, entrando in collaborazione, dar voce alle soluzioni.

Accanto a ciò che si racconta ha un'importanza vitale come lo si racconta, quindi esigo “l'indipendenza per poter approvare ciò che c'è di buono e criticare ciò che c'è di male”


lunedì 9 luglio 2012

Berlino 2011-2012 - 34° incontro europeo organizzato dalla comunità di Taizé - terza parte


Avevo lasciato suspense sulla costruzione di un pratico e basilare modello economico.

La prima regola fondamentale su cui ci si basa è la relazione tra la domanda e l’offerta.
Si è cominciato mettendo a nudo le tre cose più importanti che ognuno potrebbe domandare e offrire. Scambiandosi queste si potrebbe arrivare a creare un mercato economico locale.

Cosa potrei offrire?
Ho pensato al cibo che potrei ricavare da una gestione puntigliosa degli orti.
Ho pensato alla conoscenza che ho in determinati settori ed agli insegnamenti che potrei impartire.
Ho pensato, ispirato dalla Piccola Provvidenza, agli abiti che non indosso più e ai libri che ho già letto e non rileggerò.

Di cosa invece ho bisogno?
Cibo, soprattutto quando gli orti non producono.
Elettricità (anche per scriver questo)
Trasporto (tramite l’auto, l’autobus o altro)

Poi ci siam raggruppati in piccoli gruppi ed abbiamo tentato di scambiarci le produzioni con eccesso con quelle di cui necessiteremmo, ripetendo questa operazione più volte con persone sempre diverse.
Chissà quante altre cose potrei offrire e di quante altre cose avrei bisogno, però questo può essere un primo passo per mirar meglio i nostri consumi e per sconfiggere il cancro dell’economia: l’egoismo. Sono stato colpito da come una cosa che solo a pensarla risulta complessa possa trovare semplicità nell’applicazione. Inoltre penso sia davvero urgente provare a pensare a quello che risulta più importante nella nostra vita: cambia davvero la prospettiva e di conseguenza la priorità d’azione.
Abbiam terminato queste interessanti discussioni tra giovani di lingue e culture differenti, rendendoci conto che, nonostante le diversità, viviamo simili esperienze e difficoltà. Visto anche il periodo, ci siam chiesti quali sono le fondamenta di questa Europa e quali limiti incontra la solidarietà. Abbiam concluso che tocca a noi giovani contribuire in modo particolare alla ricostruzione di una Europa e (perché no?) di un mondo più vicino ai nostri bisogni. Ci siam lasciati con una domanda su cui riflettere: “Come reagisce l’ambiente alle nostre azioni?”

La serata è stata particolare ed istruttiva: abbiamo avuto la conferma che internet è un luogo vasto che contiene allo stesso tempo verità e bugie. Prima di partire ero venuto a sapere che a Berlino era stato aperto un locale ed era stato ribattezzato “bunga bunga”. Incuriosito da come i tedeschi vedessero questa brutta pagina di storia italiana mi ero segnato l’indirizzo e ho coinvolto Gianmartino e Davide a recarci sul posto. Desolante ma anche rassicurante non trovare nulla di quello che c’era descritto! Cominciavo a dubitare di me e dei dati che avevo copiato fino al punto di arrivare a chiamare, alle dieci di sera, il caro amico Gabriele che, prontamente, ha ricercato per noi il sito internet ufficiale che da più parti confermava tutto ciò che mi ero scritto. Non mi ero sbagliato. Avrebbe preso il sopravvento la frase risolutrice di Davide: “eran solo cene eleganti” ma le testimoni del processo in corso dicono proprio il contrario…

La mattina del 30 ero un po’ stanchino e decisi quindi di saltare la preghiera mattutina e di dirigermi poi, sotto la pioggia, verso Charlottenburg, dove un impressionante castello fungeva da residenza della regina Sofia Carlotta.

 Dopo una mattinata di cammino, impiombato sto per dirigermi a pranzo quando incontro Paolo ed altri amici che, ancora a piedi, mi faranno compagnia.

 Dopo la preghiera, siamo andati ad un incontro con persone sopravvissute all’incomprensibile costruzione di un muro atto a dividere la città. 

Purtroppo le testimonianze erano in lingua tedesca e la pronuncia del traduttore in lingua inglese molto scarsa. Ho chiesto quindi se fosse possibile essere accompagnato a visitare i resti del muro in zona. 

Non riesco quasi a credere che menti umane abbiano concepito una simile malvagità. Vorrei dire a chi tenta di costruire simili muri reali o virtuali di provare a sentire la voce e vedere i visi di queste persone e di farne tesoro.

Ora: obiettivo cena! 
Problema: la metro è piena.. I miei amici optano per un vagone, io ne preferisco un altro e nel marasma generale chi vi trovo? Le amiche polacche Agatha e Dorota! Quanto tempo! Contattiamo Mauro, Fabio, Simone e andiamo tutti a cena insieme.

Il dopocena è stato bello, interessante ed educativo: una congrega di italiani che stanno nella nostra parrocchia ha deciso di fare una serata birra e patatine. Probabilmente non s’era calcolata la difficoltà nel trovare un pub a Berlino (oltretutto piuttosto in centro) con quindici posti a sedere liberi! A me sarebbe bastata la birra perché il cibo della comunità mi soddisfa ma mi ha colpito la sofisticatezza di chi rifiutava certi posti per via della cucina e di altri perché piuttosto vuoti considerando anche il fatto che non saremmo potuti andare in quelli troppo pieni! Finché, sotto una pioggerellina leggera ma che comunque si sommava a quella presa la mattina, ho perso la pazienza e di fronte ad un ristorante cubano ho affermato che sarei entrato lì, anche solo. Di fronte a tale determinazione si è subito aggiunto un ragazzo, poi altri due; entriamo e nemmeno il tempo di sederci che tutti gli altri ci seguono! Contrattiamo un menu fisso composto da patatine fritte, birra e carne argentina (rivelatasi fantastica). Notare: italiani nel centro tedesco entrano in un ristorante cubano e ordinano carne argentina… Durante l’attesa abbiamo fatto un gioco partecipativo che ho intenzione di diffondere. Che bello divertirsi con poco!! Un buon gelato per concludere la serata ma.. sarà davvero finita? 
Alla prossima!

lunedì 4 giugno 2012

Adriano Paroli


Adriano Paroli è nato a Brescia nel 1962.
Si è laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano, partecipando alla fondazione della Cooperativa Universitaria Studio e Lavoro. Di professione è avvocato.
Nel 1991 venne eletto consigliere comunale di Brescia per la Democrazia Cristiana e ricoprì fino al 1994 il ruolo di assessore all’urbanistica.


Aderisce ai Cristiani Democratici Uniti e nel 1995 viene eletto anche nel consiglio provinciale, diventando capogruppo di Forza Italia (a cui passerà) - Polo popolare.

Nel 1996 si candida anche alla Camera dei deputati ed è eletto per il Polo per le Libertà.

Nel 1998 è anche rieletto consigliere comunale e dal luglio è componente della Commissione parlamentare (permanente) Ambiente.

Nel 2001 viene anche rieletto deputato e farà parte (fino all’aprile 2006) della Commissione Affari Esteri e Comunitari e della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici.

Nel 2003 è anche rieletto consigliere comunale. Presiede la Commissione Bilancio.

Nel 2006 è anche rieletto deputato diventando vicepresidente del gruppo parlamentare Forza Italia ed è componente della Delegazione italiana presso l’Assemblea Parlamentare della NATO.

Nell’aprile 2008 si ricandida alla Camera per il Popolo della Libertà e contemporaneamente si candida anche per diventare sindaco di Brescia. Viene eletto da entrambe le parti e mantiene entrambe le cariche nonostante le norme su incompatibilità ed ineleggibilità dicano che non si possa essere contemporaneamente primo cittadino di un comune con più di 20mila abitanti (come Brescia) e deputato ma non prevedono il caso di elezioni a più cariche in contemporanea (forse perché il buon senso imporrebbe una scelta a priori su che cosa si intende fare, non un tentativo contemporaneo a più cose ed una obbligata scelta successiva).

Nonostante i vari “anche” scritti fino ad ora in questa pagina per farvi capire quanti incarichi pubblici contemporanei ha detenuto, quest’uomo o è Superman o difficilmente riuscirà a ricoprire efficacemente i due ruoli.


Si è dovuto aspettare una sentenza della Corte Costituzionale affinché pensasse davvero a cosa avrebbe voluto fare nel quinquennio 2008-2013 e così, a gennaio di quest’anno, dopo quasi 4 anni di incompatibilità, s’è dimesso da parlamentare.

venerdì 1 giugno 2012

Trentasei anni fa ma sembra oggi

Mentre in questi giorni infiammano polemiche riguardo l'impiego di quasi 3 milioni di euro per la parata nel giorno di festa alla Repubblica (critiche condivisibili, un po' tardive per via di impegni già presi ma valide per l'iniziativa del prossimo anno) il giorno 29 del mese di maggio inviai al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano frammenti della lettera che nel 1976 (anno del terremoto in Friuli) Lelio Basso mandò all'allora Ministro della Difesa Arnaldo Forlani


"Sono personalmente grato al ministro Forlani per avere deciso la sospensione della parata militare del 2 giugno, e naturalmente mi auguro che la sospensione diventi una soppressione.
Non avevo mai capito, infatti, perché si dovesse celebrare la festa nazionale del 2 giugno con una parata militare...
Il 2 giugno fu una vittoria politica, la vittoria della coscienza civile e democratica del popolo sulle forze monarchiche e sui loro alleati: il clericalismo, il fascismo, la classe privilegiata. Perché avrebbe dovuto il popolo riconoscersi in quella sfilata di uomini armati e di mezzi militari che non avevano nulla di popolare e costituivano anzi un corpo separato, in netta contrapposizione con lo spirito della democrazia?
C’era in quella parata una sopravvivenza del passato, il segno di una classe dirigente che aveva accettato a malincuore il responso popolare del 2 giugno e cercava di nasconderne il significato di rottura con il passato, cercava anzi di ristabilire a tutti i costi la continuità con questo passato...
La Costituzione repubblicana, figlia precisamente del 2 giugno, aveva scritto nell’articolo primo che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
Una repubblica in primo luogo. E invece quel tentativo di rinverdire glorie militari che sarebbe difficile trovare nel passato, quel risuonare di armi sulle strade di Roma che avevano appena cessato di essere imperiali, quell’omaggio reso dalle autorità civili della repubblica alle forze armate, ci ripiombava in pieno nel clima della monarchia, quando il re era il comandante supremo delle forze armate, “primo maresciallo dell’impero”. Le monarchie, e anche quella italiana, eran nate da un cenno feudale e la loro storia era sempre stata commista alla storia degli eserciti: non a caso i re d’Italia si eran sempre riservati il diritto di scegliere personalmente i ministri militari, anziché lasciarli scegliere, come gli altri, dal presidente del consiglio. Ma che aveva da fare tutto questo con una repubblica che, all’art. 11 della sua costituzione, dichiarava di ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali? Tradizionalmente le forze armate avevano avuto due compiti: uno di conquista verso l’esterno e uno di repressione all’interno, e ambedue sembravano incompatibili con la nuova costituzione repubblicana.


Repubblica democratica in secondo luogo. In una democrazia sono le forze armate che devono prestare ossequio alle autorità civili, e, prima ancora, devono, come dice l’art. 52 della costituzione, uniformarsi allo spirito democratico della costituzione. Ma in questa direzione non si è fatto nulla e le forze armate hanno mantenuto lo spirito caratteristico del passato, il carattere autoritario e antidemocratico dei corpi separati, sono rimaste nettamente al di fuori della costituzione. I nostri governanti hanno favorito questa situazione spingendo ai vertici della carriera elementi fascisti, come il gen. De Lorenzo, ex-comandante dei carabinieri, ex-capo dei servizi segreti ed ex-capo di stato maggiore, e, infine, deputato fascista; come l’ammiraglio Birindelli, già assurto a un comando Nato e poi diventato anche lui deputato fascista; come il generale Miceli, ex-capo dei servizi segreti e ora candidato fascista alla Camera. Tutti, evidentemente, traditori del giuramento di fedeltà alla costituzione che bandisce il fascismo, eppure erano costoro, come supreme gerarchie delle forze armate, che avrebbero dovuto incarnare la repubblica agli occhi del popolo, sfilando alla testa delle loro truppe, nel giorno che avrebbe dovuto celebrare la vittoria della repubblica sulla monarchia e sul fascismo. E già che ho nominato De Lorenzo e Miceli, entrambi incriminati per reati gravi, e uno anche finito in prigione, che dire della ormai lunga lista di generali che sono stati o sono ospiti delle nostre carceri per reati infamanti? Quale prestigio può avere un esercito che ha questi comandanti? E quale lustro ne deriva a una nazione che li sceglie a proprio simbolo?
Infine, non dimentichiamolo, questa repubblica democratica è fondata sul lavoro. Va bene che, nella realtà delle cose, anche quest’articolo della costituzione non ha trovato una vera applicazione. Ma forse proprio per questo non sarebbe più opportuno che lo si esaltasse almeno simbolicamente, che a celebrare la vittoria civile del 2 giugno si chiamassero le forze disarmate del lavoro che sono per definizione forze di pace, forze di progresso, le forze su cui dovrà inevitabilmente fondarsi la ricostruzione di una società e di uno stato che la classe di governo, anche con la complicità di molti comandanti delle forze armate, ha gettato nel precipizio?
Vorrei che questo mio invito fosse raccolto da tutte le forze politiche democratiche, proprio come un segno distintivo dell’attaccamento alla democrazia. E vorrei terminare ancora una volta, anche se non sono Catone, con un deinde censeo: censeo che il reato di vilipendio delle forze armate (come tutti i reati di vilipendio) è inammissibile in una repubblica democratica"


mercoledì 30 maggio 2012

Una buona occasione


Nel dicembre 2010 l’Assemblea generale delle Nazioni unite proclamò il 2012 “International Year for Sustainable Energy for All” sottolineando l’importanza di investire nell’accesso raggiungibile per tutti alle tecnologie energetiche più pulite e la necessità di migliorare l’accesso a servizi energetici affidabili, economicamente e socialmente sostenibili nonché compatibili con le risorse ambientali.
Oggi 1,4 miliardi di persone non hanno ancora accesso all’energia elettrica mentre 3 miliardi utilizzano “biomassa tradizionale” e carbone come principale combustibile.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha messo l’energia pulita tra le priorità del suo mandato. I servizi energetici hanno un profondo effetto sulla produttività, sui servizi sanitari, sulla sicurezza alimentare, sull’educazione e sulla comunicazione.


L’ex presidente di Eurosolar, il tedesco Hermann Scheer, scrisse che: “L’acquisizione dei raggi solari e dell’energia eolica e la loro trasformazione diretta in energia elettrica all’interno di un impianto rappresenta una semplificazione tecnologica senza pari”.

Il Politecnico di Milano ha stimato in circa 1700 MW la capacità di produzione annuale dei nostri moduli fotovoltaici.
Inoltre è importantissimo sottolineare gli oltre 100mila posti di lavoro generati, oltretutto con un’età media inferiore ai 35 anni, secondo Confindustria, che afferma anche che il volume di affare è di 40 miliardi di euro (il 2,5% del PIL)

Il sociologo Aldo Bonomi è arrivato a definire la green economy come “il tentativo di superare la frattura fra sviluppo e natura”
L’Autorità per l’energia s’è però preoccupata del costo in bolletta di queste fonti rinnovabili e quindi l’associazione Legambiente ha controllato quanto incide per una famiglia che spende una media annua di 494 €.
C’è stato un aumento di 49 € per via del prezzo del petrolio e uno scatto di 20 € per le rinnovabili.
Più interessante è la composizione di quello che paghiamo: il 59,5% per le centrali a metano (per il gas un aumento del 40% rispetto al 2010), petrolio e carbone; il 14% per i servizi connessi alla distribuzione di rete; il 13,5% per le tasse; il 10% per gli impianti fotovoltaici, solari e biomasse; il 2% per raffinerie, inceneritori e acciaierie; l’1,2% lo paghiamo ancora per lo smantellamento delle centrali nucleari.

Legambiente, inoltre, si occupa annualmente di pubblicare uno studio sull’efficienza energetica dei comuni italiani denominato “Comuni rinnovabili” analizzando la copertura dei consumi elettrici da fonti rinnovabili.
Polaveno copre il 10,24% dei consumi; Brione il 16,84%; Gardone Val Trompia il 65,95%; Iseo l’8,05%; Monticelli Brusati il 62,82%; Ome il 31,86%; Sale Marasino il 17,15%; Sarezzo il 27,10%; Sulzano il 64,86%


L’Italia ha un rapporto tra metri quadrati di solare termico ed abitanti di 0,044; la Francia 0,032; l’Austria 0,549; la Germania 0,169; la Spagna 0,045; la Grecia 0,361; il Regno unito 0,009; la Danimarca 0,094 e l’Olanda 0,048.
Il rapporto tra KW da fotovoltaico e abitanti è 0,211 per l’Italia; 0,038 per la Francia; 0,012 per l’Austria; 0,302 per la Germania; 0,091 per la Spagna; 0,048 per la Grecia; 0,012 per il Regno unito; 0,001 per la Danimarca e 0,006 per l’Olanda.
I MW da eolico sono 6912 per l’Italia; 6684 per la Francia; 1084 per l’Austria; 29075 per la Germania; 21673 per la Spagna; 1626 per la Grecia; 6540 per il Regno unito; 3927 per la Danimarca e 2316 per l’Olanda.

La Lombardia risulta la regione italiana con più MW da idroelettrico, seguita da Trentino, Piemonte, Veneto ed Abruzzo.
La Puglia è la regione italiana con più MW da fotovoltaico, seguita da Lombardia, Emilia e Piemonte.
La Sicilia è la regione con più MW da eolico, seguita da Puglia e Campania.
La Toscana è praticamente l’unica regione ad ottenere MW da geotermia.

Detto ciò, occupiamoci del vero problema: le carenze infrastrutturali!
Cioè?
In parole povere, sistemati come siamo non siamo in grado di contenere e poi dispacciare tutta l’energia che produciamo. È un po’ come coltivare tanta verdura ma lasciarla marcire perché non si hanno i mezzi per distribuirla.
Terna è la società che gestisce la rete ed ha proposto di realizzare dei sistemi che accumulano l’energia in eccesso. Si attendono decisioni.

A presto!