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Qui vorrei far conoscere in completa autonomia i miei pensieri, i miei desideri, le mie idee, le mie esperienze, le mie riflessioni, i miei momenti, le mie storie, i miei sentimenti, i miei disagi, le mie opinioni, le mie proteste le mie considerazioni. Vorrei pure condividere notizie ed informazioni.

Il blog è uno strumento che permette ai lettori di scrivere commenti esprimendo collettivamente libere opinioni esponendo così i problemi e, entrando in collaborazione, dar voce alle soluzioni.

Accanto a ciò che si racconta ha un'importanza vitale come lo si racconta, quindi esigo “l'indipendenza per poter approvare ciò che c'è di buono e criticare ciò che c'è di male”


martedì 30 settembre 2014

Roma 2012-2013 - 35° incontro europeo organizzato dalla comunità di Taizé - terza parte



Il 30 dicembre mi sveglio tranquillamente alle 8 di mattina.
Faccio un po’ di ginnastica prima di colazione e prima di accordarmi con gli amici croati per l’incontro di stasera: al Ponte Mazzini alle 20/20:30
Vado con Francesca alla messa nella Chiesa di Santa Francesca Romana. Il cancello però è chiuso. Eppure in internet Francesca aveva visto che alle 10:30 ci sarebbe stata la messa! 
Suono un campanello vicino ed esce un guatemalteco che ci apre il cancello. 

Dopo esserci conosciuti, ci mostra la cripta della Francesca Romana e chiede di farci carico delle letture: per Francesca la prima, per me la seconda. Se lo sa Alda, non so quanto la scampo ancora...

Mi chiedo insistentemente il perché di ste Basiliche così alte, maestose e lunghe quando all'interno ci saran 20 persone, in un clima freddo, non solo materialmente. 
Mi mancano i canti e le strimpellate sangiovannesi!

Pranziamo con melanzane alla parmigiana dopo dei cannelloni con ricotta e spinaci.

Nel pomeriggio visitiamo il Pantheon e la basilica di Santa Maria sopra Minerva. Passo il resto del pomeriggio con Alessandra, Annalisa e Gianmartino.

Workshop nella basilica Santa Maria degli Angeli e dei Martiri dal titolo “Qual è il motore per uno sviluppo duraturo? Dall'economia classica alle esigenze di durata”

Relatori saranno l'urbanista Maurizio e l'economista bresciano, nonché mio prof, Enrico Minelli.

Comincia l'urbanista citando alcuni dati della Banca Mondiale.
Il 52% della popolazione vive in aree urbane, con un aumento del 50% dal 2008.
Nel 2015 saranno molte di più le città che avranno superato i 10mila abitanti.
Ammontano ad 1 miliardo le persone che vivono nelle baraccopoli (o bidonville, insediamenti informali insomma)
La percentuale di possesso personale di cellulari è del 125%
La percentuale di popolazione africana che ha accesso ad acqua potabile è del 43%
In 40 anni la biodiversità è diminuita del 30%
Sono 1000 le specie animali che si perdono ogni anno.
Ogni 7 minuti scompare un acro di foresta pluviale.
Il peso energetico dato dai carburanti è del 10%
L'impronta ecologica degli Stati ricchi pesa 5 volte più rispetto a quella dei Paesi poveri.

Si parla anche del Club di Roma che nel 1972 pubblicò il Rapporto Meadows sui limiti dello sviluppo (The Limits to Growth)
Quasi mai si cancella una infrastruttura dopo averla creata, aldilà del suo indirizzo.
Si parla si sprawl urbano, cioè della diffusione caotica di una città.
Si parla d'integrare l'azione pubblica col mercato.

Ora tocca all'economista che definisce l'economia come la scienza della scarsità.

Si parla dell'uso eccessivo delle risorse naturali e di una economia delle idee speranzosamente  diverse dalle cose materiali.

La crescita economica è cominciata con la rivoluzione industriale ed è data dal capitale, dal prodotto e dal risparmio degli individui.
La crescita economica non tiene conto dei vincoli ambientali e delle idee che spostano i rendimenti decrescenti.

L'economia delle idee si sviluppa tramite contatti che si moltiplicano.
La sedia o un martello sono oggetti che costano e che se li usa una persona non può usarli un'altra persona nello stesso tempo.
Un'idea invece possiamo utilizzarla contemporaneamente in più persone.
Nell'economia tradizionale degli oggetti, quando ci sono più persone ci sono meno oggetti da consumare.
Nell'economia delle idee, quando ci sono più persone c'è più circolazione e moltiplicazione di idee.

L'economia produttiva è data dal capitale e dal lavoro.
Per raddoppiar la produzione bisogna avere il doppio del capitale ed il doppio del lavoro.
L'economia delle idee è data dal capitale e dal lavoro.
Per raddoppiar le idee bisogna raddoppiare il lavoro ma non serve il doppio del capitale.
Stiamo andando verso il disastro naturale.

Se distruggiamo l'ambiente dobbiamo ripararlo e così il gross domestic product (GDP), o prodotto interno lordo (PIL), cresce ma non è un buon metodo.

L'Adjusted Net Saving (ANS) è un indice della Banca Mondiale che misura il capitale fisico, di idee e del consumo di risorse naturali.
La Repubblica del Botswana cresce bene ed ha un reddito pro-capite più alto sia di India che di Cina, ha risorse naturali e non le distrugge in modo stupido.
All'epoca, secondo quest'indicatore, l'Arabia Saudita era il peggior Paese, gli USA andavano male e l'Europa non era messa male.

Il problema europeo è la crescita non eccessiva.
Come aumentare la crescita sostenibilmente?
Per esempio con idee per ridurre il consumo come l'energia solare, il vento e gli investimenti nel risparmio energetico. Finanziariamente però è problematico per il basso ritorno dell'investimento (3%) e per il suo lungo termine. Per risolvere servirebbe un'azione pubblica e in Europa c'è la Banca europea per gli investimenti (BEI)

A questo punto i relatori ci fanno delle domande (che riporto qui sotto) e noi dobbiamo formare dei gruppi e cercar di rispondere.
1-La prima domanda riguarda l'effetto dell'individualismo sull'uso dei beni comuni.
2-La seconda domanda chiede di formulare un'idea per aumentare la qualità ambientale nel luogo dove viviamo.
3-La terza domanda riguarda il legame tra la solidarietà umana e la salvezza del Creato.

Ecco le risposte:

1-Non avendo le stesse politiche mondiali, qualcuno rispetta l'ambiente mentre altri no. Le divisioni europee non aiutano la visione comune. Ci manca il sentir come proprie anche le cose che non possediamo ma comunque usiamo. Un'accezione positiva di individualismo esiste se intendiamo come sentir nostra e curar bene una cosa che non è nostra.

2-Altri gruppi a questa domanda hanno risposto criticando l'idea brevettata perché non è libera e servono soldi per condividerla. L'esempio fatto riguarda la musica ed affermano che le idee sono buone ma non il sistema di condividerle. 
Noi abbiamo immaginato di avere una sola lavatrice che vada sempre invece di avere più lavatrici che vadano a tratti. 
Abbiamo immaginato di incoraggiare il business locale. 
Abbiamo immaginato di scegliere bene dove investire i nostri soldi, dirigendoli verso fini etici. 
Abbiamo immaginato di vedere dove vanno a finire i rifiuti non riciclati. 
Abbiamo immaginato di riciclare i materiali minerali dei cellulari, vista anche la grande quantità usata. 
Abbiamo immaginato di limitare il tempo della doccia. 
Possiamo far qualcosa di più che immaginare o siamo così pigri nel voler cambiare i nostri comportamenti?

Dicendo queste cose, il professor Minelli s'è vantato di avermi avuto come studente e quindi s'è capito che fossi pure io di Brescia. Ciò ha sollevato una domanda di un veneziano: “Cosa ne pensi dell'inceneritore?”

Ho risposto che spero in un futuro in cui una domanda su Brescia sia: “Come avete fatto a far così bene?”

È tardi. Dobbiam chiudere il workshop e saltare così, purtroppo o per fortuna, la discussione in merito alla terza domanda. 
Saluto il prof Minelli e mi dirigo per la preghiera verso la Basilica di San Paolo fuori le Mura. 
È immensa.
Nel solito casino post-preghiera si incontrano amici, si allarga così il gruppo, si vorrebbe far qualcosa tutti insieme ma ci si rende conto dei vari vincoli che ognuno di noi ha e che specialmente riguardano l'orario e la distanza. Sono infatti le 21 passate e, come ricorderete, i croati mi avevan dato appuntamento al ponte Mazzini ma dovranno essere a casa per le 22....quindi diciamo “no” a tutto e ce ne torniamo a casa.

Ho voglia di dormire presto ed è quello che farò.

mercoledì 24 settembre 2014

Gandhi – Antiche come le montagne – I pensieri del Mahatma sulla verità, la nonviolenza, la pace – prima parte



Per parlarvi di quest’importante libro ho deciso di estrarne alcune frasi per me significative ed ho cercato di raggrupparle per tema per evidenziarne meglio il pensiero. 
Non è stato un esercizio facile e quindi, se lo volete, divertitevi pure a spostare la frase nell’argomento in cui la ritenete più idonea.


  • Nonviolenza:

“La verità e la nonviolenza sono antiche come le montagne”

“La nonviolenza come sola arma possibile per fermare la corsa agli armamenti”

“La prima condizione della non-violenza è la giustizia, dovunque, in ogni settore della vita. Forse, è esigere troppo dalla natura umana”

“Il principio della non-violenza esige la più completa astensione da qualsiasi forma di sfruttamento”

“Mi oppongo alla violenza perché, quando sembra che faccia del bene, questo bene è soltanto temporaneo, mentre il male che fa è durevole”

“Nessuna istituzione può essere resa non-violenta per forza. La non-violenza e la verità non possono scriversi in una Costituzione. Devono essere adottate per libera volontà. Devono adattarsi naturalmente a noi come indumenti intimi, o altrimenti diventano una contraddizione in termini”

“La morale che si deve legittimamente trarre dalla suprema tragedia della bomba atomica è che questa non sarà distrutta da opposta violenza. L’umanità deve liberarsi dalla violenza solo per mezzo della non-violenza. L’odio può essere vinto soltanto dall’amore”

“Ho trovato gente che invidia la mia Pace”



  • Amore:

“Se crediamo in Dio con tutto il nostro essere ameremo l’umanità intera senza distinzioni di razza o classe, nazione o religione”

“Sarvodaya” = benessere di tutti

“Vi è umanità anche nell’essere più malvagio”

“A quell’epoca ritenevo che la colpa fosse più dei singoli funzionari inglesi che del sistema inglese, e che potevamo convertirli con l’amore”

“Dovunque ci siano discordie, ogni qualvolta vi troviate di fronte a un avversario, vincetelo con l’amore”

“Il prossimo dev’essere allontanato dall’errore con la pazienza e la comprensione”

“L’amore è la forza più potente che il mondo possiede e tuttavia la più umile che si possa immaginare”

“La storia è piena di esempi di uomini che, correndo con il coraggio e la compassione sulle labbra, hanno convertito il cuore dei loro violenti avversari”


  • Futuro:

“Non sappiamo cosa sarà il mondo da qui a cent’anni”

“Viviamo in un’età in cui le vecchie certezze crollano, gli ideali familiari tentennano e scricchiolano, aumentano l’intolleranza e l’amarezza”

Platone: “Ci sono sempre nel mondo alcuni uomini ispirati, la cui conoscenza è inestimabile”

“Quello che è possibile a uno, è possibile a tutti”

“Supponendo che, nel caso di un amico malato, io non sia in grado di porgergli alcun aiuto e la guarigione sia affatto impensabile e il paziente giaccia in stato di incoscienza negli spasimi dell’agonia, allora non vedrei nessun hiṃsā nel por fine alla sua sofferenza con la morte”

“Abbiamo perduto il paradiso solo per riconquistarlo”

“La natura è inesorabile e si vendicherà pienamente di una tale violazione delle sue leggi”


  • Umanità:

“L’uomo assorbe il vizio molto più facilmente della virtù”

“Vi sono tante religioni quanti sono gli individui”

 “Colui che desidera soltanto il bene proprio o della propria comunità è egoista”

“Non conosco peccato più grande di quello di opprimere gli innocenti in nome di Dio”
“è ingiusto e immorale cercare di sfuggire le conseguenze delle proprie azioni. È bene che una persona che mangia troppo stia male e digiuni. È male che indulga al proprio appetito e poi ne sfugga le conseguenze prendendo tonici o qualche altra medicina. È ancora peggio che una persona indulga alle proprie passioni animali e sfugga le conseguenze dei propri atti”

“Le nazioni rimangono unite perché vi è reciproco rispetto tra gli individui che le compongono”

<il mondo è la mia famiglia>

“La regola d’oro è di essere amici del mondo e considerare una tutta la famiglia umana”

“Siamo tutti della stessa pasta, siamo tutti membri della vasta famiglia umana. Evito di farne qualsiasi distinzione”

“Qual è la causa del caos attuale? È lo sfruttamento, non dirò delle nazioni più deboli da parte delle nazioni più forti, ma di nazioni sorelle da parte di nazioni sorelle”

“Il mio concetto di società è che, mentre siamo nati uguali, avendo cioè diritto a uguali occasioni, non abbiamo tutti le stesse capacità”

“Non voglio che la mia casa sia circondata da mura da tutte le parti e che le mie finestre siano tappate. Voglio che le culture di tutti i paesi spazino per la mia casa con la massima libertà possibile”

“Nulla può essere più lontano dal mio pensiero dell’idea che dovremmo chiuderci o erigere barriere”

Ovviamente non finisce qui…

mercoledì 17 settembre 2014

Microcredito ... ma non "solo"



Dal 22 al 26 settembre torna la Social Media Week e non potevo non parlarvi di quest’iniziativa.

Partiamo da Busto Garolfo (provincia di Milano), dove il Comune, la Banca di Credito Cooperativo e la Caritas parrocchiale hanno firmato un accordo per avviare un progetto sperimentale di microcredito con l’obiettivo di aiutare le famiglie in difficoltà attraverso l’erogazione di piccoli prestiti. Inoltre è stata anche lanciata una nuova carta sociale comunale ricaricabile, per l’erogazione di sussidi.

Per Roberto Scazzosi, presidente della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, l’idea di base è quella “dell’aiutarsi a vicenda” ed aggiunge che “come realtà locale e come realtà di credito cooperativo abbiamo fatto della mutualità e dell’aiutarsi a crescere i nostri principi cardine. Sta infatti scritto nella nostra Carta dei Valori che <obiettivo del Credito Cooperativo è produrre utilità e vantaggi, è creare valore economico, sociale e culturale a beneficio dei soci e della comunità locale e ‘fabbricare’ fiducia>; lungo questa linea ci siamo mossi facendo nostra l’iniziativa del Comune”

Quest’iniziativa rientra nell’ambito del progetto “Lavori in corso” (stabilito 3 anni fa sempre da Comune, Banca e Caritas) che cerca di creare occupazione tramite lavori socialmente utili. Angelo Pirazzini è stato il sindaco di Busto Garolfo durante il progetto e spiegò che: “Il microcredito vuole essere una risposta ai bisogni caratterizzati da straordinarietà, essenzialità e sostenibilità. Ovvero, esigenze temporanee e improvvise che riguardano bisogni primari (ad esempio il pagamento di spese mediche, spese dell’affitto, spese di utenze…) a patto che ci siano le condizioni per una restituzione del prestito. Si vuole stimolare l’autonomia, la responsabilità, le capacità di chi riceve il finanziamento, mettendolo nella condizione di realizzare il proprio progetto di vita”

Don Ambrogio Colombo, parroco di Busto Garolfo e presidente della Caritas in questione, parla “di educazione assistenziale” perché “viene posta una rete a sostegno delle nuove povertà nell’ottica di dare delle risposte ma anche di creare un volano di crescita. Il concetto dell’aiuto è propedeutico a quello dell’educazione e della crescita affinché chi oggi viene aiutato possa un domani aiutare altri”

Bravi milanesi! 
Noi bresciani? 
Non manchiamo all’appello!

La Caritas Diocesana di Brescia infatti, ben 6 anni fa, ha messo in pista una serie di iniziative chiamate “Mano fraterna”
Fra queste iniziative c’è il microcredito sociale che consiste nell’accompagnamento al credito responsabile e al recupero dell’autosufficienza economica per famiglie la cui situazione rischia di essere compromessa da fatti eccezionali, imprevisti, temporanei, proponendo finanziamenti agevolati fino a 3000 euro, rimborsabili in 36 mesi. 

Il microcredito non è quindi un contributo a fondo perduto e non è assimilabile perciò ai servizi di assistenza/beneficenza già presenti: è una forma di sostegno che viene offerta a persone che sono solitamente economicamente autosufficienti, motivate a superare con le proprie forze la situazione, che non hanno garanzie reali o personali da offrire ad istituti di credito, non compromesse da precedenti insolvenze…

Si rivolge quindi a persone diverse da quelle con cui si pensa che la Caritas sia abituata a relazionarsi.

“Dare credito alle relazioni, nella capillarità”
Prima si deve considerare la persona, poi il bisogno.

Facendo un’analisi dalla partenza dell’iniziativa ad oggi, abbiamo notato che la tipologia di spesa per la richiesta di microcredito sociale, è legata alla casa nella quasi metà dei casi, nel 12% all’automobile, nel 6% all’istruzione/formazione, nel 5% alla famiglia.

La difficoltà nel far fronte a certe spese, si accompagna ad una situazione lavorativa tendenzialmente stabile: il lavoro, infatti, è una delle condizioni per la concessione di un microcredito. Dal 2008 ad oggi, i dati lavorativi di queste persone avevano un’occupazione stabile tra il 77% ed il 94% dei casi, pensionati tra il 3% ed il 14% dei casi e lavoratori saltuari in meno del 10% dei casi.

Nel 2008, 41 persone hanno presentato domanda di microcredito e 40 sono state le persone che ne hanno beneficiato; nel 2009, 96 domande e 72 beneficiarie; nel 2010, 134 domande e 76 beneficiarie; nel 2011, 108 domande e 89 beneficiarie; nel 2012, 115 domande e 109 beneficiarie. Fino al dato record del 2013: 153 persone hanno presentato domanda di microcredito e 125 sono state le persone che ne hanno beneficiato.

I finanziamenti erogati sono stati, in euro, 98100 nel 2008, 196700 nel 2009, 193460 nel 2010, 230100 nel 2011, 283100 nel 1012, fino al dato record di 308800 nel 2013. 

L’esperienza di microcredito si va moltiplicando ed anche la nostra zona pastorale vi ha aderito.

Tutti gli interessati possono rivolgersi alle diverse sedi delle Caritas triumpline aderenti o direttamente contattare i sacerdoti delle parrocchie coinvolte.

Ogni richiesta viene vagliata dalla Caritas locale ed inserita in un progetto personalizzato con obiettivi ed impegni, ponendo attenzione all’aspetto formativo ed educativo. 
Sono stati seguiti dei corsi di formazione e sono state previste delle attività di monitoraggio ed accompagnamento del beneficiario del prestito da parte della Caritas che instaura, quindi, un rapporto di fiducia ed una relazione costante nel tempo.

Continuiamo a tendere una “mano fraterna” a chi si trova in difficoltà.

sabato 13 settembre 2014

Amartya Sen - seconda parte



“Chi fa riverenza alla sua setta mentre denigra le sette degli altri per puro attaccamento alla propria, con l’intento di valorizzare lo splendore della sua setta, in realtà, con tale comportamento, infligge il più severo danno alla sua setta” – Ashoka, imperatore nel terzo secolo A. C.

Ad Amartya Sen sembrava un grave errore vedere la tolleranza politica semplicemente come una inclinazione “occidentale liberale”
Anche se questi problemi erano abbastanza inquietanti, lo hanno anche costretto ad affrontare lì per lì qualche fondamentale controversia, che avrebbe potuto altrimenti trascurare. Infatti, discutevano costantemente di queste esigenze politiche, in competizione. È un dato di fatto, guardando ai campi di lavoro accademico in cui si è sentito più coinvolto in tutta la vita, che erano già tra le preoccupazioni che lo stavano agitando nei giorni universitari a Calcutta. Da un lato le economie di welfare contenute, la disuguaglianza economica e la povertà (compresa la più estrema manifestazione della povertà sotto forma di carestie), dall'altro il campo di applicazione e di possibilità razionale, la scelta sociale tollerante e democratica  (comprese le procedure di voto e la tutela dei diritti di libertà e delle minoranze).
Non passò molto tempo dopo lo studio del percorso di rottura di Kenneth Arrow sulla scelta sociale, Social Choice and Individual Values, pubblicato a New York nel 1951, che il suo brillante co-studente Sukhamoy Chakravarty attirò la sua attenzione per il libro e per lo stupendo “teorema d’impossibilità” di Arrow (questo deve essere stato nei primi mesi del 1952).

Anche Sukhamoy è stato ampiamente attratto dalla sinistra ma anche preoccupato per l'autoritarismo politico, discussero le implicazioni della dimostrazione di Arrow che nessun meccanismo di scelta sociale non-dittatoriale può produrre decisioni sociali coerenti. Davvero dettero alcuna giustificazione per l’autoritarismo (di sinistra o di destra)?
Amartya ricorda in particolare un lungo pomeriggio in College Street Coffee House con Sukhamoy che stava spiegando la sua lettura delle ramificazioni dei risultati formali, seduto accanto a una finestra, con l’incandescente faccia profondamente intelligente nel sole del mite inverno di Calcutta (un ricordo ossessionante che avrebbe invaso Amartya sempre più quando Sukhamoy morì improvvisamente per un attacco cardiaco).
Nel 1953, Amartya Sen si trasferì da Calcutta a Cambridge, per studiare al Trinity College. Anche se aveva già ottenuto un Bachelor of arts all'Università di Calcutta (con maggiormente economia e matematica in minore), Cambridge lo ingaggiò per un altro Bachelor of arts in economia pura, da essere fatto rapidamente in due anni. Amartya considerò ciò abbastanza giusto perché era ancora nella sua tarda adolescenza quando arrivò a Cambridge. Lo stile di economia di allora a Cambridge era molto meno matematico rispetto a Calcutta. Inoltre, era generalmente meno interessato ad alcune delle questioni fondamentali che avevano agitato Amartya in precedenza. Ha avuto, comunque, alcuni compagni di studio meravigliosi (tra cui Samuel Brittan, Mahbub ul Haq, Rehman Sobhan, Michael Nicholson, Lal Jayawardena, Luigi Pasinetti, Pierangelo Garegnani, Charles Feinstein) che erano molto coinvolti con la valutazione fondamentale dei fini e dei mezzi di economia come disciplina.
Tuttavia, i principali dibattiti di economia politica a Cambridge furono piuttosto saldamente orientati ai pro e i contro dell’economia keynesiana e ai diversi contributi da un lato dei seguaci di Keynes a Cambridge (tra loro Richard Kahn, Nicholas Kaldor, Joan Robinson) e dall'altro di "neo-classici" economisti scettici di Keynes  (compresi, in modi diversi, Dennis Robertson, Harry Johnson, Peter Bauer, Michael Farrell). Amartya s’è considerato fortunato ad avere stretti rapporti con gli economisti su entrambi i lati della divisione.

I dibattiti erano incentrati sui rapporti della macroeconomia con gli aggregati economici per l'economia nel suo complesso ma, in seguito, si trasferirono alla teoria del capitale, con i neo-keynesiani contro qualsiasi uso del "capitale aggregato" nel modellismo economico (alcuni dei suoi compagni di corso, compresi Pasinetti e Garegnani, dettero contributi sostanziali a tale dibattito).
Anche se c’è stato un certo numero di sottili insegnanti che non ha ottenuto molto coinvolgimento in queste lotte intense tra le diverse scuole di pensiero (come Richard Stone, Brian Reddaway, Robin Matthews, Kenneth Berrill, Aubrey Silberston, Robin Marris), le linee politiche erano, in generale, molto fermamente - e piuttosto bizzarramente - disegnate. In un certo ovvio senso, i keynesiani erano alla "sinistra" dei neo-classicisti ma questo è stato molto nello spirito di "fino a questo punto ma non oltre". Inoltre, non c'era un modo in cui i diversi economisti potevano essere ben ordinati in una sola dimensione.
Maurice Dobb, che era un astuto economista marxista, è stato spesso pensato dai keynesiani e dai neo-keynesiani di essere "abbastanza morbido" sull’economia "neo-classica". Era uno dei pochi che, con grande gioia di Amartya, prese sul serio l'economia del benessere (in effetti insegnò un regolare corso su di essa), così come l’intensamente "neo-classico" A.C. Pigou aveva fatto, pur continuando a discutere Keynes in macroeconomia.
Non sorprendentemente, quando il marxista Dobb sconfisse Kaldor in un'elezione al Consiglio di Facoltà, Kaldor dichiarò che questa era una vittoria della perfida economia neo-classica sotto mentite spoglie: la "teoria dell'utilità marginale ha vinto" disse Kaldor a Sraffa quella sera, commentando il successo elettorale di un economista marxista!
Tuttavia, Kaldor era, infatti, molto più tollerante dei neo-keynesiani di Cambridge.
Se Richard Kahn è stato, in generale, il più bellicoso, il rimprovero severo che Amartya ha ricevuto spesso per non essere del tutto autentico per la nuova ortodossia del neo-keynesismo è venuto soprattutto dal suo relatore di tesi: il totalmente brillante ma energicamente intollerante Joan Robinson.
In questo deserto di costanti faide, la sua università, Trinity, era un po' un'oasi. Amartya suppone di essere stato fortunato ad essere lì ma non era del tutto fortuna dal momento che fu Amartya stesso ad aver scelto di inoltrare domanda al Trinity dopo aver notato, nel manuale di Cambridge University, che tre notevoli economisti di opinioni politiche molto differenti coesistevano . Il marxista Maurice Dobb e il conservatore neo-classicista Dennis Robertson hanno fatto seminari congiunti. Il Trinity ha avuto anche Piero Sraffa, un modello di scetticismo di quasi tutte le scuole standard di pensiero. Amartya ha avuto la fortuna di lavorare con tutti loro imparando molto da ognuno.
 
La tranquilla – anzi, calda - coesistenza di Dobb, Robertson e Sraffa era davvero notevole, data la faida nel resto dell'Università. Sraffa disse ad Amartya, in seguito, un bell’aneddoto sull’adesione di Dobb al Trinity, su invito di Robertson. Alla domanda di Robertson se volesse insegnare al Trinity, Dobb disse sì con entusiasmo ma ha sofferto in seguito di un profondo senso di colpa nel non aver dato a Robertson "tutti i fatti". Così scrisse una lettera a Robertson scusandosi per non avere detto prima che era un membro del partito comunista, integrata dalla dichiarazione si pensa una dichiarazione piuttosto "inglese" - che avrebbe capito perfettamente se, in vista di questo, Robertson avesse deciso che Dobb non era una persona adatta per insegnare agli studenti del Trinity.
Robertson scrisse una risposta di una sola frase: "Caro Dobb, fintanto che ci darete un preavviso di quindici giorni prima di far saltare in aria la Cappella, andrà tutto bene."
Quindi esisteva, in una certa misura, una bella "pratica" di scelta sociale democratica e tollerante al Trinity.
Amartya ha dovuto scegliere un tema abbastanza diverso per la tesi di ricerca, dopo aver completato il suo Bachelor of art.  La tesi era su "la scelta delle tecniche", che interessava Joan Robinson così come Maurice Dobb.
Alla fine del primo anno di ricerca, Amartya era abbastanza presuntuoso da pensare di aver avuto alcuni risultati per fare una tesi, così fece domanda di andare in India un paio d’anni congedandosi da Cambridge, dal momento che non poté - data la normativa allora in vigore - presentare la tesi del suo dottorato di ricerca per la laurea fino a quando non fosse stato registrato per la ricerca per tre anni.
Era eccitato e impaziente nel voler scoprire quello che stava succedendo a casa e quando il congedo gli è stato concesso, è volato subito a Calcutta. Cambridge University insistette nell’avere un "supervisore" in India e Amartya ha avuto la fortuna di avere il grande metodologo economico A.K. Dasgupta, che allora insegnava a Benares. Con lui ha avuto frequenti - sempre illuminanti - conversazioni su tutto ciò che sta sotto il sole, di tanto in tanto pure sulla tesi...