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lunedì 21 gennaio 2013

Cos’è la disuguaglianza?



Per Guido Rossi è “una differenza insostenibile di redditi e di possibilità di costruirsi il futuro”

Chi è sto Guido Rossi?
È un avvocato milanese di 81 anni, docente di filosofia del diritto e poi professore di diritto commerciale e diritto privato. All’inizio degli anni ’80 è stato presidente della Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa, di cui ora è garante etico), presidente di Montedison e di Telecom, senatore (a cavallo degli anni ’90) distinguendosi per la promozione di legislazioni antitrust sull’OPA (offerta pubblica d’acquisto) e sulla compravendita di titoli. È inoltre direttore della rivista delle Società e della rivista Banca, Borsa e Titoli di credito ed editorialista del Sole 24 Ore. 

Si dice che la disuguaglianza sia tornata ai livelli del 1928.
Motivo?
L’esperto Guido Rossi: “La disuguaglianza l’ha prodotta la politica che, obbedendo alla finanza, ha creato il mostro che la divora. Lula, un sindacalista, ha fatto crescere il Paese e ha risotto le disuguaglianze con vasto consenso. Reagan e la Thatcher, smantellato il welfare e fermati i salari, hanno scoperto la realtà dei debiti. Come ha ben ricordato Lars Osberg, è stata la disuguaglianza crescente dei redditi a generare gli eccessi di debito privato e pubblico”
Infatti il Brasile di Lula cresce con vigore (7-8%) mentre gli Stati Uniti di Reagan sono collassati economicamente nel 2009 portandosi dietro gran parte del pianeta (il Regno Unito della Thatcher ne ha risentito molto).

Riguardo a questo contagio, Guido Rossi chiede: “Che senso ha l’antitrust sull’economia misurata dal Pil e il nulla sulla finanza derivata che vale 8 volte il Pil del mondo?”

Diamo dei numeri forniti dall’Istat.
-il 28% dei residenti in Italia è a rischio povertà (la media europea è del 24%). Nel 2011 l’indicatore è cresciuto di due punti e mezzo rispetto al 2010 determinando il grosso aumento (dal 7% all’11%) delle persone con severa deprivazione
-il 18% delle famiglie non possono riscaldare adeguatamente l’abitazione (rispetto all’11% del 2010) mentre il 12% non si può permettere un pasto adeguato ogni due giorni (rispetto al 7% del 2010)
-la quota di reddito totale del 20% delle famiglie più ricche è pari al 37% mentre al 20% delle famiglie più povere spetta soltanto l’8%
-una persona su quattro residente nel Mezzogiorno è gravemente deprivata

Particolarmente importanti quindi queste parole di Rossi: “Quanti suggeriscono, l’esempio danese della flexsecurity dovrebbero dire se, a regime, la spesa sociale italiana aumenta o diminuisce (visto che in Danimarca è 3 punti di Pil più della nostra) e come, nel caso aumentasse, la finanzierebbero”

Come se ne esce quindi?
Marco Leonardi, professore di economia politica e di economia del lavoro, parlando dell’America cita la costanza della maggioranza dei salari reali negli ultimi trent’anni. Nel frattempo però l’economia è cresciuta moltissimo e se si vuole aumentare il consumo bisogna prendere denaro in prestito. Pensate ad una grossa fetta di popolazione che fonda le sue agiatezze su denaro che non c’è, aggiungiamoci l’ingordigia e l’irresponsabilità e possiamo farci un’idea di come è cominciata la crisi del mercato finanziario.

Che c’entra la disuguaglianza?
Ora immaginate una società non equamente composta ma divisa tra ricchi e poveri. Cosa notiamo? Più i poveri saranno in condizioni diverse dai ricchi e più dovranno esigere denaro a credito, denaro concesso in maniera più (oggi) o meno (ieri) stringente per sostenere questo ritmo di consumo. Aggiungiamoci la rata mensile dei mutui fatti per comprar casa obbligatoriamente da pagare per non perdere pure il tetto sopra la testa. Capirete che non è sostenibile contrarre nuovo debito per pagarne un altro.

Soluzione?
Non è affatto semplice anche perché da trent’anni la crescita economica è diseguale e ripaga i soli profitti (non i salari) dei soli Paesi sviluppati. Senza contare i 120 miliardi di euro che In Italia ogni anno vengono sottratti alle casse pubbliche (3mila € a testa!) e senza contare che riusciamo a recuperarne solo una decina.
Bisognerebbe operare politiche fiscali redistributive dei redditi che vadano ad aumentare il potere d’acquisto dei redditi più bassi per almeno evitare che nel breve periodo continuino ad indebitarsi. 

Ricordatevi di questa via d’uscita quando tra un mese si andrà a votare per le elezioni politiche e regionali.

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